E’ una delle parole più abusate degli ultimi anni, sulla bocca di tutti quelli che “fanno il marketing”, sia di quelli che lo improvvisano che di quelli che “ti trustano e sharano il sentiment del target”… Insomma, di storytelling non se ne può più.
Ed è un peccato! Perché il principio alla sua base è correttissimo, è limpido sereno pulito ed efficace. Sostanzialmente? Si tratta di smettere di parlare della propria azienda facendone elegie e panegirici, ricordandosi invece che stiamo parlando CON qualcuno.
quanti secondi ricorderemo questa frase
Ecco, questo non è storytelling! In realtà, questo non è proprio niente 😀
Storytelling significa applicare le logiche del racconto alla realtà del proprio business o dei propri prodotti. Ma attenzione, raccontare in questo caso non significa inventare: nessuna bugia! Significa immaginare di essere davanti ad un fuoco d’estate, o in una campagna toscana ai tempi del Decameron (metafora calzantissima in questo periodo di distanziamento sociale dettato da Covid-19) e di avere un pubblico davanti a sé da coinvolgere, con cui entrare in contatto per uno scambio umano. Per far capire al nostro pubblico che siamo come lui, proprio come lui, e che i nostri prodotti sono proprio quello che lo rappresenta.
Non che gli serve: che lo rappresenta! Mica male come sfumatura.
E allora iniziamo a ragionare in ottica di storytelling, dai. Prendiamo tutto quello che sappiamo della nostra azienda, e riflettiamo sui nostri obiettivi di marketing.
Bene, ora è il momento di definire i bisogni, step fondamentale sempre: quali sono i vostri bisogni pratici legati allo storytelling?
- raccontare meglio l’esistente
- far cambiare il contesto raccontandosi meglio
- ingaggiare gli animi esterni attraverso un racconto emozionale
- ingaggiare gli animi interni attraverso un racconto emozionale
- incarnare: rendere l’azienda di carne, ossa, cuore
- altra call to action pratica
Questi sono solo alcuni esempi, la risposta potrebbe essere un mix di alcuni, uno di essi o nessuno. Ma una risposta è fondamentale per iniziare.
Il passo successivo è la Lettura del Lettore
Perché il pubblico (lettore) da coinvolgere ha già una sua vita, e questa vita può avere momento per momento questioni che distolgono la sua attenzione dal nostro racconto…
Per esempio:
Immagina il tuo lettore in ufficio nella pausa caffè del lunedì mattina
Immagina il tuo lettore a casa con i bimbi piccoli irrequieti
Immagina il tuo lettore in auto
Come possiamo parlargli? (e di cosa). E quando.
La storia importante è quella dei lettori, ecco perché occorre capirla in primis.
Solo dopo aver capito il pubblico e il suo momento biografico attuale (story map) possiamo iniziare a costruire la core story del nostro racconto, che sarà in parte la nostra e in parte sarà elaborata riprendendo estratti della story map declinandola sui vari canali.
Il terzo passo è la Core Story, appunto
È un concept narrativo cui attingere per costruire la storia base ed eventuali nuovi contenuti che parlino di voi e interessino il lettore nel suo momento storico.
È un nuovo modo di spiegare i contenuti strategici (vision, mission ecc) da diffondere, sia internamente in azienda (dal vivo e nel house organ) che all’esterno in tutto il materiale di comunicazione e sui social network.
Si tratta di passaggi delicati, non riassumibili in un singolo articolo, ma spero di avervi quanto meno fatto venire qualche riflessione per mettere delle buone basi.
Christian
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